Ma perché la frutta e la verdura non sanno più di niente?
Ma perché la frutta e la verdura non sanno più di niente?
C'è una spiegazione scientifica dietro al gusto sempre più insipido di frutta e verdura acquistata al supermercato.
E purtroppo anche le proprietà nutritive ne risentono
Mancano le sostanze nutritive
Nel 2004 il Journal of American College of Nutrition pubblicò uno studio in cui venivano analizzati i dati sui nutrienti che l'USDA, il dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti, aveva raccolto nel 1950 e aggiornato nel 1999. Nel giro di una cinquantina di anni, 43 specie diverse di colture da orto avevano conosciuto una riduzione di ben 13 sostanze nutritive con una media di circa il 40%. In prodotti come fagiolini, broccoli, asparagi o fragole il livello di proteine, calcio, ferro e vitamine si era drasticamente abbassato: oggi sarebbero necessarie otto arance per eguagliare la quantità di vitamina A che i nostri nonni riuscivano ad assimilare grazie a una sola.
"Frutta e verdura ormai non sanno più di niente". Non è solo un luogo comune che rimbalza dalle file alle casse dei supermercati fino alla tavola apparecchiata un terzo degli italiani non è soddisfatto del sapore dei prodotti ortofrutticoli. E dietro alla delusione c'è una ragione scientifica. Anzi, più di una. I sistemi di produzione intensiva hanno influito sull'aroma di questi alimenti che è andato peggiorando dal Dopoguerra fino a oggi. I fertilizzanti impiegati nei campi, la coltivazione in serra, la catena del freddo e lunghi viaggi per il trasporto hanno innescato quello che viene definito "l'effetto diluizione": più un frutto o una verdura saranno grandi e belli esteticamente, meno intenso sarà il loro sapore e ridotta sarà la presenza di sostanze nutritive.
I frutti climaterici e non climaterici
Prima di tutto, dobbiamo distinguere tra frutti climaterici e non climaterici. I primi sono in grado di proseguire la maturazione dopo essere stati raccolti, i secondi invece interrompono il processo non appena vengono staccati dalla pianta. Per questo motivo, alimenti come pomodori (sì, appartengono alla categoria della frutta), mele o banane vengono prelevati quando sono ancora verdi in modo da arrivare agli scaffali dei supermercati pronti per il consumo.
Ma maturi non significa per forza buoni.
La discriminante sta nella produzione di etilene, un gas responsabile della degradazione della clorofilla che garantisce una buccia più colorita e una polpa morbida. Ma se l'alimento non è riuscito ad accumulare amido a sufficienza da essere poi trasformato in zuccheri prima di essere stato raccolto, la componente aromatica ne risentirà nonostante l'aspetto invitante.
La catena del freddo
A complicare il delicato processo naturale interviene un altro elemento artificiale: la catena del freddo, necessaria per assicurare una corretta conservazione del frutto o della verdura durante il trasporto. Già nel 2016, uno studio pubblicato su PNAS aveva dimostrato come i pomodori che permanevano per troppo tempo a una temperatura inferiore ai 12 gradi si vedevano compromessi quegli enzimi che sintetizzavano le sostanze volatili e il loro aroma tipico. Come si può facilmente immaginare, più lontano è il Paese d'origine del prodotto, più lunga sarà la fase di trasporto e maggiore il rischio di sapore insipido.
La refrigerazione influisce inoltre sul livello dei nutrienti contenuti, in particolare vitamine e sali minerali.
I pomodori sono un caso di studio interessante perché sono uno degli ortaggi più consumati in assoluto e a partire dagli anni '50 sono considerati tra gli ingredienti identificativi della cucina italiana.
Proprio per far fronte a una domanda in rapida crescita e alla richiesta di poter acquistare cibi anche fuori stagione, ricerca e innovazione in campo agricolo-industriale sono andate verso la creazione di varietà ibride per garantire una resa maggiore e un aspetto più uniforme. A discapito del gusto, che non era considerato una priorità.
Si diffonde quindi la coltivazione in serre riscaldate, dove le colture non vedono mai la luce del sole che influisce invece positivamente sulla concentrazione di etilene e di zuccheri. Ma la questione non si riduce al sapore.
I sistemi intensivi che privilegiano la quantità, costringono i terreni a dei ritmi di produzione insostenibili. Il suolo non ha il tempo di rigenerare i nutrienti già assorbiti dal ciclo di colture precedenti.
Non solo, l'ampio uso di fertilizzanti volti a incrementare la presenza di azoto inibisce la pianta dall'assorbimento delle altre sostanze, che sono invece importantissime per la nostra salute.
L'azoto infatti aumenta il volume del frutto o della verdura, ma non ne migliora il sapore o le proprietà. A differenza, ad esempio, del potassio, che rende la buccia più colorita e la polpa più dolce, o del calcio che favorisce la conservazione e l'integrità dei nutrienti.
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